A Vico Quinzano la vita scorre lenta. Si torna a respirare dopo gli anni durante i quali i barbari avevano imperversato, razziando e terrorizzando la popolazione.
Tanti erano dovuti fuggire dai propri villaggi e molti di essi si erano ritrovati a fondare questo piccolo luogo ameno dove la vita era tornata a scorrere tranquilla.

Era il IX secolo dopo Cristo e gli abitanti si facevano vanto di aver edificato anche una piccola chiesetta. Il destino della chiesa era quello di sopravvivere a tutti coloro che dentro vi avevano alacremente pregato e per secoli e secoli: Quante persone avevano visto inginocchiate quei blocchi di granito! Centinaia di migliaia e altre migliaia ancora. I muri si erano impregnati dei segreti confessati.

Di segreti ne sentì ancora di più quando, dopo il 1068, il vescovo di Tuscania (Viterbo non era ancora nemmeno diocesi) confermò alla chiesetta tutti i privilegi di cui godeva per poi passare ad un ampliamento importante che la rendeva ancora più vissuta dai fedeli e quindi ancora più una spugna delle chiacchiere lì scambiate. Quelle dei popolino erano succose ma le sue preferite erano quelle sull’inginocchiatoio! Quanto erano vispi i viterbesi, ne combinavano di tutti i colori. E chissà poi quante nemmeno arrivavano alle orecchie del buon Dio!

Il segreto che la Chiesa seppe conservare meglio fu un affresco, nascosto agli occhi di tutti dietro un altare seicentesco addossato alla parete. Per secoli esso rimase celato ai più e fu scovato solo nel 1942. Appena in tempo per essere fotografato per fortuna! Dopo 1000 anni di resistenza la Chiesa, che oggi conosciamo come Chiesa di San Sisto, fu distrutta quasi completamente dai bombardamenti della II Guerra Mondiale.

Tanti segreti assorbiti dai mattoni, andati così… dispersi nella polvere. Ma i viterbesi sono ancora oggi pestiferi: dal rifacimento della Chiesa post 1944 chissà quante altre lavate avranno sentito quelle mura!

——————————–
Per la realizzazione di questo post sulla Chiesa di San Sisto non possiamo che ringraziare Maria Elena Piferi, storica dell’arte che tanta passione ha dedicato alle bellezze della Tuscia. Le informazioni qui riportate (ovviamente più nel dettaglio e certosinamente affidate a fonti storiche) le abbiamo apprese da uno dei suoi libri dal titolo “Affreschi Romanici nel Viterbese”.
sono molti gli studiosi che dedicano i loro tempo e le loro conoscenze all’analisi delle bellezze viterbesi ed è nostro proposito farvene scoprire il più possibile