Demetra, madre dispensatrice e nutrice della terra verde, vide sparire la figlia Persefone un giorno nel quale l’aveva lasciata a giocare insieme alle ninfe sulle rive del lago Pergusa, in Sicilia.

Come madre fu subitaneamente addolorata per la scomparsa della figlia ma la prima reazione fu di rabbia: trasformò le bellissime ninfe nelle sciagurate sirene che abbiamo imparato a conoscere nell’Odissea.

Demetra iniziò quindi questa estenuante ricerca della figlia, viaggiò per tutto il mondo e affrontò molte avventure; interruppe perciò i suoi “doveri” da dea ma essendo quella preposta al rinnovarsi della terra ecco che nelle campagne smise di crescere qualsiasi cosa: nessun albero dava frutti, l’erba nei campi non affiorava lasciando senza nutrimento anche il bestiame, il grano si rinsecchì e marcì.

Zeus, capo degli dei, pressato dalle grida degli affamati, ordinò alla dea di tornare ai suoi compiti e le confessò che la figlia era stata rapita da Ade, dio degli Inferi. Lì nell’Averno Persefone aveva mangiato, ingannata, sei semi di melograno e per legge del Fato – alla quale anche gli dei stessi sono sottoposti – ora era imprigionata per sempre nell’oltretomba un mese ogni seme mangiato.

Ecco perciò che la figlia torna dalla madre solo per metà dell’anno; in quei mesi la natura rifiorisce, cresce rigogliosa e riflette la felicità della madre di riavere con se la figlia. Negli altri sei, durante i quali Proserpina torna dal marito, Demetra si deprime, smette i suoi compiti e a noi umani rimane la morte della natura ed il gelido inverno.

Il culto di Demetra era quindi molto sentito in un’epoca agricola come quella antica; la dimostrazione ci viene data anche dalla quantità di statue e opere d’arte dedicate alla dea che portava il nutrimento; a Viterbo conserviamo un bellissimo sacello costruito per questa dea, visibile al Museo nazionale etrusco di Viterbo -Rocca Albornoz.

Il sacello risale al II secolo a.C. quindi più di 2200 anni fa ed è stato ritrovato nel 2006 nell’area archeologica di Vetralla. Racconta più di una storia: il mito greco, la capacità di scolpire già con estrema raffinatezza, il tipo di culto di queste persone, l’avventura degli archeologi per riportarlo alla luce. Andatelo a vedere, se potete.

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.