Oggi vi voglio portare in un luogo a me molto caro. Bassano in Teverina. In questa fredda giornata di gennaio, mentre qualche fiocco di neve cade leggero sui campi gelati, munitevi di sciarpa, cappello e caldo cappotto e seguitemi in un viaggio virtuale tra storia, cultura e tradizioni.

Come spesso faccio, alcuni di voi riconoscono i miei scritti da questo, parto da molto lontano. Con il naso rosso per il freddo e le mani come due ghiaccioli mi accingo a sfogliare i grandi faldoni dell’archivio. Ne prendo uno bello grosso che contiene tutte le visite pastorali della metà dell’800.

Era il 1852 quando arrivò ad Orte il vescovo Agostino Maria Mengacci. Appena giunto nel suo palazzo, con a seguito un codazzo di preti sempre pronti a dire di sì, sia con la testa che con larghi gesti, il nostro vescovo fa una cosa assai bizzarra. Si mette al suo scrittorio, prende carta e penna e calamaio inizia a vergare un questionario per i preti di Bassano in Teverina.

La gran sorpresa dei buoni padri fu tale che si misero subito in agitazione. Il vescovo chiedeva: il titolo di ogni chiesa sul territorio di Bassano, l’epoca di costruzione e la data di consacrazione e chi ne fosse il rettore pro-tempore, chi l’amministratore e se v’era il parroco. Capite bene che la cosa era strana e pure tanto. Si chiedevano se Sua Eccellenza volesse porre dei paletti alla libera amministrazione dei possedimenti della chiesa.

Un tal Giacomo Troncarelli, vicario foraneo, rispose per la Madonna della Quercia. Egli ignorava la data di fondazione, ma cosa ancor più grave sapeva che la chiesa non risultava consacrata e che il rettore pro-tempore era l’eremita Nicola Orsini e che il “patrono”, ossia il padrone era il comune.

Il 22 di maggio il vescovo decise di recarsi nella chiesa. Fu accompagnato da don Giacomo Troncarelli, da Don Francesco Lattanzi e dal chierico Angelo Cappetta. Prima che sua Eccellenza il vescovo si mosse da Orte fece fare, non fidandosi dei bassanesi, una ricerca d’archivio. Fece bene il gran prelato, infatti scoprì che la chiesa era stata costruita con i soldi del comune nel 1677.

Dalle carte d’archivio si evince che nel 1609 il Vescovo Ippolito Fabbrani, un agostiniano, era giunto in diocesi nel dicembre del 1607, quattro mesi dopo la morte del suo predecessore, Andrea Longo. Passati alcuni mesi al caldo nel suo palazzo, fosse mai che il prelato prendesse una brutta polmonite, con il tepore di giugno arrivò ad Orte per la sua visita pastorale. Si sa ad Orte si mangia bene, si beve meglio e la devozione dei parrocchiani è, ed è ancora, molto accesa. Quindi il buon Pastore restò in loco fino a settembre.

L’anno successivo partì di nuovo per una visita all’intera diocesi. Arrivò a Vasanello il 20-23 di maggio, il 25 era a Canepina, poi svelto svelto si portò a Soriano e la mattina del 2 di giugno arrivò a Bassano. Nel pomeriggio avvenne un fatto molto particolare, la Provvidenza vede e provvede. Dopo aver amministrato la Cresima ad un gruppo di ragazzini i quattro priori della comunità cittadina: Cesare Andreuzzi, Giacomo Nicolai, Febo Baldini e Bartolomeo Antoni lo pregarono di volersi recare a visitare un’immagine della Beatissima Vergine Maria, dipinta su una tegola, che era ubicata sulla pubblica strada in località Raelli. Quando le preghiere vengono rivolte con candore esse sono sempre accettate, quindi anche se stanco il vescovo si fece accompagnare nel luogo indicato. Come erano devoti quei poveri contadini, chi col cappello in mano, chi col capo basso avevano fatto da corteo ai quattro priori e al vescovo.

Giunti sul luogo con somma sorpresa di tutti chiesero al vescovo di dare un “Templum” alla Virgo. Molte furono le proposte, ma la voce che si fece sentire più alta fu quella che propose di mettere la Vergine vicino ad una quercia che si trovava in mezzo ad una radura alla “Macchia del Poggio” nella piana ai confini di Soriano e Chia. Il terreno fu donato da un tal Bernardino di Pietro e la chiesa fu edificata.

Se passate sulla strada che da Chia porta a Bassano volgete lo sguardo a destra e tra le fronde degli alberi vedrete la chiesa.

Come sempre chiedo venia per la lunghezza del pezzo e ai miei “Venticinque lettori” porgo le mie più umili scuse. La storia, la storia croce e delizia degli anni miei.

Anonimo

Scritto da:

Nadia Proietti

Salve, il mio professore di storia ripeteva sempre che lo storico studia i documenti, senza interpretare
e senza romanzare, ecco come mi comporto io: prendo i fatti storici, spesso dai documenti, aggiungo
dei personaggi, una storia verosimile e voilà ecco come nasce ogni mio racconto.
Chi sono? Mi chiamo Nadia sono laureata con lode in Filologia Moderna, ho all'attivo un Master in materie letterarie, un Corso di Alta Formazione in Storytelling, docente di lettere precario. Oltre ai titoli sono madre di due figli, appassionata di storia moderna in particolare in storia dell'Europa
dell'Est, pessima casalinga, ma buona padrona di casa.