Piero quella mattina non riusciva a trovare requie. Pativa l’essere blindato in casa, impossibilitato ad uscire. Aveva investito tutto per costruirla: una bella dimora per la sua famiglia, di quelle per farci crescere tanti figli.

I suoi genitori, Roberto e Belanda, avevano avuto la fortuna di poter crescere a quella maniera i figli e quindi voleva concedere ai suoi nulla di meno.Ora però quella casa, tanto desiderata, era una prigione. Non poteva uscirne. Il nido era diventato un antro stregonesco, un intestino di fiera, se lo sarebbe mangiato vivo, avrebbe digerito la sua sanità mentale per poi sputarlo maciullato. Non la voleva più, quella casa. L’avrebbe venduta. Sarebbe andato proprio via dalla sua cittadina natia che ormai odiava con tutte le sue forze. Sua moglie gli parlava di un paese abbastanza vicino dal nome antico, Carfinianum. Le sue amiche pettegole dicevano che fosse come un elisio, coi campi rigogliosi, il clima buono, il sole che fa crescere il grano fragrante.

Era un paesino crocevia tra la vetus urbs Viterbo e l’Umbria e quindi necessitava di protezione, un maniero importante che potesse resistere alle tante dispute territoriali. Piero da Mugnano decise, nel pieno della reclusione casalinga, che si sarebbe trasferito a Graffignano e che l’avrebbe dotata di un castello possente, massiccio, con una torre altissima che potesse dominare tutto il panorama sulla quale mostrare ai figli quanto il loro padre era potente. Raccolse i soldi, si indebitò. Era la fine de XII secolo, a Graffignano sarebbe stato costruito il Castello Baglioni.

Ciò che avete appena letto è un brevissimo racconto del tutto inventato per immaginare le motivazioni alla base della costruzione del Castello Baglioni Santacroce di Graffignano.

Il Castello, da ormai 900 anni, raccoglie attorno a sè le case del piccolo borgo che si è sviluppato con esso come punto nevralgico. Di storia ne ha vista tanta, tantissima: le dispute territoriali medievali tra grandi casati, l’intervento della Cjiessa e di Papa Adriano VI che confiscò il feudo, il passaggio alla famiglia della contessa Domitilla Cesi e poi a quella del cardinale Federigo Borromeo e quella dei Santa Croce.

Oggi è proprietà del Comune di Graffignano. Un luogo che è lontano dai soliti tour turistici che si fanno nella Tuscia ma che ha moltissimo ancora da raccontare.

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.