Alle sette in punto tutto era già pronto. La sedia comoda per nonna era stata posta sul portapacchi della Fiat 127 verde, le due sdraio di plastica a spaghetti, quelle che ti rendevano le terga e la schiena simile a quella del protagonista de “L’Ammutinamento del Bounty” dopo la flagellazione, erano state messe sopra con cura.
Per ultima arrivava in strada mamma, col prendisole celeste legato con due striscette di stoffa sopra le spalle, le ciabatte di plastica incrociate e una gran borsa piena di ogni ben di dio.
“Mamma l’hai fatte le melanzane alla parmigiana?”
“Certo, state tranquilli che di fame non moriamo”
Per ultimo veniva caricato l’ombrellone e il tavolinetto pieghevole, quello completo di quattro “comodi”, si fa per dire, sgabelli di tela a strisce colorate. Papà prendeva dal portabagagli gli elastici con i ganci per fissare il carico, e ogni volta la frase di mamma era la stessa: “Attento che a un mio cugino di Velletri è stato cavato un occhio da quelli aggeggi”, anche la risposta era sempre la stessa: “Se la gente non sa campare con chi te la prendi!”.
Salivamo tutti, dopo una rapida occhiata all’equipaggiamento, la meta era Tarquinia Lido.
La macchina era nuova e a detta di papà “La meglio macchina che la Fiat avesse sfornato in quegli anni”, certo in sei non era il massimo del confort. Nonna seduta al posto “della suocera”, rigorosamente davanti, mamma dietro con noi tre pesti, che per tutto il viaggio non facevamo che litigare.
Dal grosso stereo a pile di color argento usciva la voce potente di Franco Califano…”No, non ho detto gioia, ma noia, noia, noia, maledetta noia”. Il Califfo quell’anno aveva sfondato con quella canzone.
Da Orte, noi partivamo per il viaggio della speranza da Via Zelli, la strada da prendere era quella che oggi chiamiamo “La strada Vecchia”, quindi Bassano in Teverina, Chia, Bomarzo, non ricordo sinceramente quale paese venisse prima, poi Bagnaia, Viterbo, Tuscania e infine Tarquinia.
Arrivati sul posto la prima cosa da fare era andare alla pineta per avere l’ombra necessaria per il pranzo. Papà scaricava tutto e rivolto a nonna.”Avete viaggiato comoda, Ma’?”
A noi non lo chiedeva, nemmeno a mamma, il carico prezioso era la “Vecchia” come la chiamava quando litigava con mamma.
Si aprivano le sdraio, in pineta, mai in spiaggia, il tavolinetto, le sedie, poi ombrellone in spalla, si andava verso il mare, come fanno le tartarughine quando escono dall’uovo, tutti in fila, la “Vecchia” restava in pineta a guardia della macchina e delle cibarie.
L’ombrellone sembrava una tenda berbera, aveva un telo che veniva attaccato con delle mollettine alle stecche, mamma si toglieva il prendisole lì dentro, guai se qualcuno la vedeva! Era bella allora mamma, con il costume intero nero e il cappello di paglia in testa. “Porta i figli a fare il bagno, poi andiamo a pranzo” Sì il pranzo! Dopo aver mangiato: Parmigiana di melanzane, fritte con l’uovo, mica solo grigliate, pasta, pollo e patate, tutto innaffiato dal vino rosso fresco di cantina, si apriva il cocomero, quello che per tutta la notte era stato messo a rinfrescarsi sotto la fontana di Zelli.
” Buono questo cocomero”
“La volta scorsa era come una zucca”
“Dal cococomeraro dovete farvi fare la “Tasta” ripeteva la nonna, sempre la “Vecchia”.
Arrivava poi l’ora del meritato riposo, venivano stesi gli asciugamani, quelli che per il resto dell’anno venivano usati in bagno, un telo di paglia e una vecchia coperta a quadri, fatta da nonna con l’uncinetto.
“Quando ci torniamo a mare?”
“Zitto e dormi!”
Le cicale cantavano tra i pini, l’aria del mare arrivava a mitigare il caldo torrido di quelle estati roventi e noi, se non prendevamo le botte, prima delle sedici andavamo di nuovo a mollo!
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Ricordi di tanti anni fa, quando il mare lo vedevo solo una volta l’anno, sennò solo in cartolina!

Anonimo

Scritto da:

Nadia Proietti

Salve, il mio professore di storia ripeteva sempre che lo storico studia i documenti, senza interpretare
e senza romanzare, ecco come mi comporto io: prendo i fatti storici, spesso dai documenti, aggiungo
dei personaggi, una storia verosimile e voilà ecco come nasce ogni mio racconto.
Chi sono? Mi chiamo Nadia sono laureata con lode in Filologia Moderna, ho all'attivo un Master in materie letterarie, un Corso di Alta Formazione in Storytelling, docente di lettere precario. Oltre ai titoli sono madre di due figli, appassionata di storia moderna in particolare in storia dell'Europa
dell'Est, pessima casalinga, ma buona padrona di casa.