Era già qualche giorno che le ragazze sciamavano allegre, a caccia di asparagi e dei primi fiori primaverili. Ma per i contadini come Joanne il mese di marzo significava soprattutto il ritorno alla fatica dei campi. Si era incamminato all’alba verso il Bullicame, dove lo aspettava l’amico Ioseffo: dovevano arare il campo di Iulio de la Chirinchera, un tipo esigente e sbrigativo. Quella mattina Joanne si sentiva angosciato, quasi avesse da tirare un aratro pesantissimo anche lui: il suo bambino più piccolo aveva la febbre alta, e peggiorava di giorno in giorno. Nemmeno le battute scherzose di Ioseffo, che intanto aveva aggiogato i buoi all’aratro, riuscivano a distoglierlo dalla sua preoccupazione.

Il sole cominciava ad essere alto nel cielo, e i due contadini avevano già arato quasi metà del campo: con il tramonto avrebbero potuto terminare il lavoro, e Iulio avrebbe pagato senza fare troppe storie. A metà dell’ennesimo solco, i buoi si arrestarono improvvisamente lasciando l’aratro immoto. Ioseffo lasciò la corda con cui tirava il bue a mancina e impugnò il pungolo per incitare quelle due bestie indolenti, ma senza risultato. Allora fece per bastonarle di santa ragione, ma con un cenno Joanne lo fermò: i buoi, incuranti delle percosse, si erano inginocchiati davanti una grossa pietra grigia. Era una seccatura: ora avrebbero dovuto liberare il solco zappando intorno alla pietra per rimuoverla.

Quando riuscirono finalmente a liberare l’ostacolo dalla terra, si avvidero che la grossa pietra era in realtà una cassa. Posate le zappe, si avvicinarono guardinghi. Joanne sollevò il coperchio e si trovò a fissare il volto stesso di Gesù Cristo, che ricambiava il suo sguardo da un’immagine dai colori vividi. La campagna si era fatta silenziosa e raccolta, e l’atmosfera era come sacra. Joanne rimase a lungo a contemplare quel volto sereno, e all’improvviso sentì allentarsi quel nodo d’angoscia che stringeva il suo cuore. In qualche modo misterioso sapeva che quello era un segno: per il suo bambino non era troppo tardi.
E molto lentamente, tornò a sorridere.
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Ci è piaciuto immaginare e raccontare così la vicenda di due poveri contadini viterbesi, di nome Joanne de la Cipolla e Ioseffo de lo Croco, che un giorno di marzo del 1283, arando il campo della Chirinchera, ritrovarono casualmente un’opera d’arte di grande valore nascosta in una cassa.

Si trattava di un prezioso trittico in stile bizantino, di scuola pittorica romana, raffigurante il Santissimo Salvatore, la Vergine e Giovanni Battista. Il rinvenimento suscitò grande emozione nella popolazione – che gridò al miracolo – ed è narrato in un manoscritto settecentesco.

L’opera, dipinta su cuoio e applicata a una base di legno, risaliva a mezzo secolo prima. Era stata nascosta in un campo alla periferia della città, da qualcuno che voleva salvarla dai saccheggi delle milizie assedianti di Federico II. Quei feroci soldati ne avrebbero sicuramente fatto scempio, ricavando scudi dal legno della tavola. Invece l’immagine sacra riuscì a salvarsi.

Dopo il ritrovamento, il Salvatore venne trasportato con tutti gli onori a Santa Maria Nuova, che era la chiesa della Corporazione dei Bifolchi. Fu collocata in una cappella di marmo, e da quel momento onorata con una solenne processione ogni 15 agosto. Il trittico del Salvatore era posto in una “Macchina” ricca e fastosa, che veniva portata in spalla da 12 facchini per le vie cittadine. Lungo il percorso le persone si inginocchiavano e toccavano l’immagine miracolosa con indumenti e biancheria che venivano così benedetti prima di essere indossati.

Il Salvatore veniva portato in processione anche per eventi straordinari e gravi, come pestilenze, terremoti, grandinate e cavallette che minacciavano di devastare i raccolti, oppure per occasioni liete come il Giubileo. Alla processione assisteva sempre un discendente di Ioseffo Crochi, uno dei due contadini che avevano ritrovato il trittico.

La solenne processione del SS. Salvatore fu interrotta nell’Ottocento ed è ripresa nel 1920, seppure in modo meno sfarzoso e sentito di un tempo. E per prudenza, ad essere trasportata oggi è una copia dell’opera. L’originale si trova nella bellissima chiesa di Santa Maria Nuova a Viterbo: andateci, e provate a guardarlo con occhi nuovi. Lo troverete a sinistra dell’altare.

La foto è di Maurizio Di Giovancarlo

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.