Bianca sapeva poche cose con certezza: amava le fragole, odiava il cibo di colore verde, adorava la sua mamma mentre era più faticoso vivere in concordia con sua sorella, alcuni dei suoi migliori amici esistevano solo nelle pagine dei libri.

Era sempre stata un’amante della lettura; i suoi compaesani la ricordavano come “quella col naso tra le pagine” perché dovunque andasse portava con sé qualcosa da leggere. Bianca aveva sempre avuto tante domande nella testa e a volte solo i libri potevano risponderle. Grazie ad essi sentiva di poter vivere molte esperienze e molte vive senza nemmeno muoversi dal prato.Aveva la peculiarità che per leggere doveva trovare un posto confortevole, dove sentirsi avviluppata in un abbraccio che calma i nervi e lascia la mente sgombra.

A 5 anni era stato uno scatolone sotto il letto dei genitori, poi per anni era diventato la poltrona dove il nonno aveva lasciato l’orma calda dei glutei. Infine il nonno morì e quella poltrona divenne dolorosa. Seppe che non avrebbe più trovato un posticino nel quale sentirsi a casa, non si mise nemmeno alla ricerca del sostituto. Smise di leggere per il piacere di farlo.Trascorsero gli anni, Bianca studiava. Era un’ottima studentessa che amava soprattutto le materie letterarie. Tutti le dicevano che era una predestinata perché la sua propensione per le lettere le era caduta dal cielo. Arrivò la maturità, arrivò l’Università degli Studi della Tuscia.

E nei primi mesi da matricola all’Unitus Bianca realizzò che si era davvero castrata nel credere che dovesse obbligatoriamente esistere un solo luogo per leggere e sentirsi amati. Perché a Santa Maria in Gradi Bianca lesse nella biblioteca vecchia e poi in quella nuova, mentre i suoi colleghi ristrutturavano e per lei non sembrava nemmeno volare una mosca. Lesse sul divano fuori l’aula 12 e sulla scalinata prima dell’Aula studio. Lesse sul prato e poi sui tavoli variopinti quando furono aggiunti.Nel chiostro conobbe per la prima volta Hemingway mentre sugli scalini della vecchia Chiesa lesse una poesia di Montale che fa “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino (…)” e quel giorno, su quei gradini, pianse molto perché anche lei con il nonno aveva sceso tante scale e aveva letto tanti libri sulla poltrona ed era stata tanto amata e ora che il nonno non c’era più era subentrato il vuoto. Un vuoto che stava riempiendo però grazie ad un luogo abitato da persone che la faceva sentire di nuovo amata, compresa, soddisfatta, felice.

Quel giorno sui gradini della chiesa diroccata Bianca seppe che aveva riscoperto cosa significa avere un “luogo del cuore”. Poteva tornare a leggere.

Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, ha promosso il censimento dei “Luoghi del Cuore”, e assegnerà finanziamenti ai luoghi che risulteranno più votati e per questo vincitori. Grazie a questi fondi, si potranno realizzare finalmente i restauri di cui questi luoghi hanno bisogno. Noi di RaccontiAmo Viterbo abbiamo scelto di sostenere Santa Maria in Gradi.Siamo sicure che anche per molti di voi è un luogo caro al cuore ❤. Volete darle una mano? Basta andare sul sito e votarla con un semplice click. https://www.fondoambiente.it/…/chiesa-santa-maria-in…

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.