Il forte caldo non spaventa il gruppo di turisti attempati che stazionano intorno alla fontana, nel cortile di Palazzo dei Priori. Mi sventolo con il cappello seduta su una panchina, e ascolto un po’ distrattamente la voce della loro guida, che mi culla nel sonnolento pomeriggio viterbese. I turisti ascoltano interessati la storia del palazzo, poi si accodano ubbidienti all’accompagnatore, che esce dal portone e fa per attraversare piazza del Plebiscito. Guardo l’orologio: è ancora presto. Quasi quasi, li seguo. Se mi mescolo al folto gruppo di gitanti nessuno si accorgerà di me.

Ascolto in disparte il racconto dell’accompagnatore: fatti a me già noti si mescolano a curiosità e aneddoti di cui non ero a conoscenza. Sta parlando di Via Cavour, che si trova di fronte a noi.

Ho sempre amato questa via diritta e in pendenza. Ricordo che un tempo c’era un cinemino, dove mio nonno mi portava a vedere film come “Il maggiolino tutto matto”. Ricordo che lì vicino c’era un locale della Sip, pieno di cabine telefoniche, che in certe ore serali si affollava di militari che chiamavano a casa. E l’anno in cui sono nata, la macchina di Santa Rosa si fermò drammaticamente proprio qui, appoggiandosi ad un palazzo vicino. Frammenti di un lontano passato, ma la guida sta parlando di un passato ancora più remoto.

Per esempio non sapevo che il palazzo sulla destra, quello che per intenderci ospita alcuni uffici del comune, un tempo era adibito a carcere. A pensarci bene, conserva ancora un’atmosfera un po’ sinistra, ma forse perché da piccoli ci trascinavano lì a fare le vaccinazioni, e noi morivamo di paura al pensiero dell’ago. Da adulti continuiamo a diffidarne, se non altro perché ci rammenta le imposte che dobbiamo pagare.

Il palazzo che un tempo ospitò le carceri e che oggi è sede di alcuni uffici comunali

Ma continuo a divagare: pare che il carcere fosse gestito dalla Confraternita di san Leonardo, quella dell’omonima chiesa, che si trovava dove un tempo c’era il cinemino, e dove poi c’è stato, per un breve periodo, il Teatro Caffeina. Nel 1761 le porte del carcere vennero aperte, per mancanza di carcerati. Un avvenimento più unico che raro: in onore dell’allora governatore Emerico Bolognini, che era riuscito ad estirpare il crimine cittadino, venne apposta una lapide commemorativa all’inizio di Via San Lorenzo.

Via Cavour ha un’origine nobile: la volle edificare niente meno che il cardinal Alessandro Farnese, tra il 1573 e il 1580. Un giorno si presentò in Comune con il progetto bell’e pronto. «Io veggio che la vostra città cresce ogni dì, di bene in meglio, il che mi piace et lo lodo assai», esordì il cardinale – con una certa dose di ruffianaggine a parer mio – e poi proseguì: «Ma vorrei che insieme ci dedicassimo ancora all’ornamento, perché tutti i gentiluomini che passano di qui dicono che questa città è una cascina, e questo perché la strada maestra è storta, e non passa per la piazza del Comune, dove se vederiano i palazzi et le altre cose più belle». In pratica, per aspirare legittimamente al titolo di città e non di paesotto quale ancora era, Viterbo doveva avere una via principale maestosa ed elegante, che conducesse direttamente ai palazzi del potere. C’era un piccolo ostacolo da superare: le numerose casupole abitate da poveracci che affollavano la zona. Bisognava demolirle, ma per non gettare queste persone in mezzo ad una strada, il cardinal Farnese pensò di mettere una tassa sul grano, che andasse a risarcirle della perdita della loro casa.  La nuova via prese giustamente il nome di Farnesiana, ma i viterbesi, incuranti e bastian contrari, la chiamarono a lungo Via Nova. Soltanto dopo il 1870, in seguito all’unità di Italia, la via prese il nome attuale.

Lo scorcio di via Saffi con Casa Poscia – foto tratta dal sito www.mapio.net

Sulla via si affacciano veri e propri gioielli: lo scorcio suggestivo di via Saffi, con la scalinata e il profferlo di casa Poscia. Maestosi edifici cinquecenteschi, come palazzo Spadensi e palazzo Brugiotti, con il suo museo della Ceramica e l’atrio elegante.

L’atrio di Palazzo Brugiotti Foto di Remigio Ciorba

E in fondo, spostata sulla destra, la meravigliosa fontana Grande. Penso che sarebbe bello vedere questa via priva della collana di macchine parcheggiate, a mortificarne la linea elegante. Penso che sarebbe bello non vedere più tutti i locali con le scritte affittasi o vendesi, ma piuttosto vetrine illuminate, dehors affollati di persone, cinema, teatri, vasi di fiori, negozi fiorenti e famiglie sorridenti a passeggio. Ma sto di nuovo divagando.

Foto di Evaldo Cipolloni

La foto di copertina è tratta dal sito www.movemagazine.it

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.