In un tempo molto lontano, nel cuore della terra denominata Tuscia, sorgeva maestosa una città ricca di tesori e di fascino, un luogo in cui l’arte e la storia si intrecciavano alla leggenda: Ferento, così era chiamata, offriva ai suoi abitanti ogni ben di Dio.

Tuttavia, come ogni grande centro che si rispetti, era poco gradita alla vicina rivale Viterbo, che vedeva minacciata la sua egemonia sul territorio.
Correva l’anno 1172.
Una notte i viterbesi, avvolti nel buio, piombarono sulla città addormentata, saccheggiarono i templi e distrussero strade e abitazioni. Tutto era in fiamme.
I pochi abitanti sopravvissuti alla devastazione furono costretti alla fuga e Ferento venne annessa al territorio di Viterbo.

Pur distrutti dalla perdita della loro abitazioni e delle loro famiglie, i Ferentiani non si persero d’animo e iniziarono a camminare, alla ricerca di un luogo in cui ricominciare a vivere.
Giunti nella valle del Tevere, nei pressi del territorio soggetto all’autorità del Marchese di Montecalvello, si fermarono a riposare in alcune grotte di origine etrusca, che non tardarono a chiamare “casa”. La forte autonomia feudale di cui godeva quella zona dava garanzie e tranquillità ai Ferentiani, che poterono così ricostruire il loro villaggio.

Con il passare degli anni si formò una nuova comunità di contadini e di pastori, ai quali il Vescovo di Bagnoregio assegnò il parroco della parrocchia di Santo Stefano, che da tempo custodiva le più importanti ricchezze materiali e spirituali appartenute alle chiese ferentane. In onore del Santo i cittadini eressero quindi una piccola edicola, da cui appunto proviene il nome “Grotte Santo Stefano”.

Successivamente, i Ferentani divenuti ormai Grottani manifestarono la volontà di avere un Santo Patrono a cui fare riferimento e ottennero dal Vaticano le ossa di un martire cristiano noto come Venerando (lett. “da venerare”), che divenne il protettore della città.
Ancora oggi San Venerando è il patrono cittadino e si festeggia nella prima domenica di settembre, mentre Santo Stefano, mai dimenticato, è considerato il compatrono.  

La foto è tratta dal sito aspassoconbuck.wordpress.com

Anonimo

Scritto da:

Carolina Trenta

Un po' romantica un po' nerd, appassionata lettrice e cultrice di storie, raramente a mio agio nella folla; amo il mare fuori stagione, il legno del violino, l'aroma del cappuccino, le matite che scorrono sulla carta, i cuscinetti sotto le zampe dei gatti. Quando tanti pensieri si accavallano nella mia mente li metto nero su bianco e ogni tanto ne esce fuori qualcosa di buono, ma senza troppe pretese.
Mi sono laureata in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi della Tuscia e per il mio futuro spero di lavorare in una di quelle biblioteche giganti che si vedono nei film :)