Entra nel bosco. Non avere paura.
Làsciati alle spalle i rumori molesti della civiltà, e ammàntati di puro silenzio. Ora puoi finalmente ascoltare i suoni ineffabili della natura: la goccia che cade sulla punta di una foglia, una formica che trasporta un seme sul muschio. Respira i profumi che ti avvolgono. Vedi le infinite sfumature di verde delle foglie lucide e dei licheni gommosi.
Lascia che i tuoi sensi si risveglino e abbraccino il creato. Percepisci l’anima della selva, e la sua storia, celata tra i massi di pietra, nascosta dalle chiome centenarie. Sei in un luogo senza tempo, e finalmente puoi sentirti vivo.
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Siamo nei pressi di Torre Alfina, all’estremo nord della Tuscia. Ai piedi di questo borgo fascinoso e poco conosciuto, si trova il Bosco Monumentale del Sasseto.
Entrarvi equivale ad immergersi in un’atmosfera incantata, tra sentieri che sembrano usciti da una fiaba e massi che nella penombra assumono forme misteriose. La bellezza del Sasseto è giunta perfino sul sito del National Geographic, tanto da fargli meritare l’appellativo di “Bosco di Biancaneve”. E proprio per questo, nel 2015, il Bosco è stato scelto dal regista Matteo Garrone per ambientare alcune scene del suo film fantasy “Il racconto dei racconti”, adattamento cinematografico de “Lo cunto de li cunti”, una raccolta di fiabe seicentesca scritta dal napoletano Giambattista Basile.

Il Bosco del Sasseto conserva gelosamente anche la storia vera di colui che amò pazzamente questo luogo magico, tanto da renderlo agibile ai visitatori. Una storia che merita di essere raccontata. Edoardo Cahen era il discendente di una famiglia di banchieri ebrei belgi. Le cronache narrano che Edoardo avesse ereditato il titolo di conte dal padre Joseph, il quale a sua volta lo aveva ottenuto da re Vittorio Emanuele per aver finanziato, unico tra i banchieri europei, il Risorgimento italiano. Figura enigmatica e misteriosa, Cahen arrivò a Torre Alfina nel 1880, dove acquistò il famoso castello, parte del borgo e l’impenetrabile selva sottostante. Diventato nel frattempo marchese di Torre Alfina, Edoardo ristrutturò completamente e rese fiabesco il bellissimo castello e parte del borgo. Ma fu il bosco il suo grande amore: vi fece creare un labirinto di sentieri e di muretti a secco, perfettamente fuso con l’ambiente naturale.

I lavori di ristrutturazione del castello non erano ancora terminati, quando Edoardo morì. L’ultima dimora del suo corpo, mummificato e ricoperto di cera, fu il piccolo mausoleo neogotico che aveva fatto realizzare per sé in una radura del bosco. Per il triste destino che accomuna molte delle straordinarie bellezze della Tuscia, la tomba Cahen venne abbandonata a se stessa e purtroppo, più volte profanata. Oggi l’accesso al bosco è regolamentato e solo su prenotazione. Il sentiero che conduce alla tomba non è volutamente segnalato: la tomba è custodita gelosamente come un segreto nel profondo del bosco. E forse è meglio così: meglio sottrarla alla curiosità morbosa e irrispettosa. Meglio immaginarla come un’illustrazione in un vecchio libro di fiabe. Un libro che ha ancora molto da raccontarci: per farci sentire ancora bambini, e soprattutto vivi.

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.