Chi sono le streghe?
Immaginatevene una, figuratevela bene in mente. Come vi appare?

Provo ad indovinare: una donna abbastanza brutta, vecchia, molto rugosa, i capelli slavati e crespi, vestita di stracci, i denti guastati, la schiena ingobbita…
Se ho azzeccato non è perché sono io ad essere una strega bensì semplicemente perché è questa l’iconografia che associamo a questa parola; avessi detto “maga” probabilmente l’immagine creatavisi in testa sarebbe risultata diversa.

Le cosiddette “streghe” furono perseguitate per decenni durante la storia umana: arse vive e imprigionate, condannate e torturate. Il loro fu quello che potremmo definire, usando una parola forte, un genocidio.
La loro figura era associata alla sfera della sessualità e cacciarle voleva dire tentare di reprimere e demonizzare ciò che era ritenuto pericoloso, traviato e traviatore, deviante rispetto all’integrità costituita da quello che oggi chiamiamo “patriarcato”.
Più che la magia, il demonio o gli scellerati poteri ciò che spaventava era l’acquisizione di una libertà ed emancipazione che purtroppo sarebbero arrivate secoli dopo, pur sempre con dei limiti. Viviamo ancora in una società patriarcale dopotutto.

Ho fatto questo lungo preambolo poiché quest’oggi vorrei raccontarvi la storia -o la leggenda- di donne forti, sensuali, coraggiose; donne che oggi conosciamo come “Le streghe di Montecchio”.

Come ho detto la loro storia si diluisce con la leggenda e quindi risulta complesso delinearne i tratti: sappiamo che vivevano sulla piana del Montecchio, estrema propaggine della catena dei Monti Cimini; di alcune conosciamo i nomi: Atala, Malassunta, Manul, Uri, Isotta che ne era la regina. Si racconta che fossero bellissime, una visione celestiale, le loro nudità coperte solo dai lunghi capelli e che conducevano una vita in simbiosi con la variegata natura del Montecchio, da loro rispettato e rispettoso delle figlie a sua volta.

La nonna Betta, così come tutte le altre nonne bagnaiole, mi raccontava sempre di come Malassunta fosse la più selvaggia e vendicativa tra le sorelle: si era molto offesa del fatto che nel 963 dC il borgo fosse edificato dando le spalle al Montecchio e per questo decise di scatenare la sua furia sui primi abitanti di quello che allora si chiamava Bangaria.

Sulla piana che era la loro casa tutte assieme accesero un fuoco, si sciolsero le lunghissime trecce e cominciarono a danzare intorno alla pira, intonando un’ipnotica nenia che raggiunse l’abitato insieme ai fumi del rogo; gli uomini del paese ne furono affatturati: spalancarono con forza le imposte sprangate, sciolsero i catenacci dalle porte, divelsero i lucchetti… scapparono insomma dalle mogli per scapicollarsi verso il Sacro Bosco, dove erano richiamati dalla malia delle Figlie della Luna.

La mattina dopo tornarono sconvolti affermando di essere stati terrorizzati da una Malassunta che cavalcava al contrario e mutava forma da donna a serpente e viceversa.

Direte voi: come si collega la leggenda delle streghe bagnaiole al preambolo? Bhè, con gli occhi di oggi non è eresia pensare che le streghe di Montecchio, se esistite, non fossero altro che donne libere dai canoni societari d’allora, legate alla natura e interessate al suo studio; forse erano addirittura colte.
Dovevano affascinare uomini e donne del volgo, magari provocare un’attrazione mista ad invidia che diventava repulsione per il diverso e lo sconosciuto. L’alterità ci atterrisce da sempre d’altronde.
Ecco quindi che i piccoli bagnaioli come me sono cresciuti con questa idea terribile di femminilità e delle Figlie della Luna.

E voglio sottolineare come, a Bagnaia almeno, non esistono storie su maghi o stregoni.

– La foto che vedete è la copertina del libro “Le streghe di Montecchio. Le selvatiche sono sempre tra noi” di Pier Isa Della Rupe, bagnaiola che studia le Figlie della Luna da anni e grande diffonditrice della loro storia. La copertina è anche un quadro, rappresenta Atala, ed è realizzato sempre da lei, valente ed eclettica artista. Pier Isa si occupa anche di organizzare passeggiate nel Bosco esoterico letterario del Montecchio, per guidarvi alla scoperta dei luoghi che furono di queste donne come il Masso della Fertilità. la Stele della strega bruciata, il Braciere dei filtri d’amore, gli Occhi della Dea Madre ed il Trono di Isotta.

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.