Ho scoperto la Tuscia per un motivo di carattere estetico-formale: io sono molto rigoroso nella scelta delle location, devono rispondere a certe indicazioni di carattere figurativo molto preciso, molto grafico. Qui mi trovavo di fronte a dei paesaggi molto suggestivi, da questo punto di vista, perché non c’erano contaminazioni, non erano disturbati da antenne o altre cose che avrebbero dato fastidio al mio racconto, che volevo si concentrasse, proprio grazie all’armonia di arredi naturali o anche urbani, sul centro del racconto, ovvero la sensualità. Sono posti splendidi, bellissimi, sia dal punto di vista naturale che architettonico, che come ser per delle storie che devono suscitare un’emozione. I miei personaggi si calavano perfettamente in questi contesti e questi contesti rimbalzavano addosso a loro la sensualità dei posti. C’era un rapporto di reciproche e simboliche equivalenze tra i corpi che facevo muovere e questi sfondi.

TINTO BRASS

Siamo alla Faggeta Vetusta del Monte Cimino e due fratelli -Caligola e Drusilla- si rincorrono, si baciano, si abbracciano più che fraternamente sotto alle chiome maestose degli alberi che troneggiano sulla cima del monte Cimino.

 Il film Caligola (poi redistribuito come Io, Caligola) è un film storico pornografico del 1979 diretto da Tinto Brass.

La Tuscia fu scelta come location di questo chiacchierato film ma anche di molti altri film erotici che illuminarono con il loro erotismo il nostro territorio. Si potrebbero citare titoli come Capriccio sempre di Brass, Libidine girato in una villa di Montefiascone da Raniero di Giovanbattista. Gocce d’amore di Bruno Mattei ripreso tra Tarquinia Lido e Tarquinia sia ina una discoteca del litorale che nel museo cittadino, La gemella erotica di Alberto Cavallone nel quale troviamo una lunga sequenza ambientata durante lo spettacolare Carnevale di Ronciglione…

Insomma di film di tutti i generi, ma in questo caso parliamo di erotici, la Tuscia ne ha visti girare parecchi sin dagli albori della settima arte; si è sempre prestata al ruolo di scenografia non solo per la comodità e spettacolarità delle location ma anche per l’estrema cortesia degli indigeni: “A Tarquinia ho girato delle sequenze di Capriccio, una di fronte alla chiesa e una dentro alla chiesa. Mi ricordo che sono stati molto gentili, perché c’era un’inferriata, un parapetto, che mi disturbava l’immagine e me l’hanno tolto” dirà Tinto Brass.

Noi in questo particolare articolo vorremmo però concentrare la nostra attenzione sul film Caligola, quello che narra le vicissitudine amorose dei due fratelli che coronano il loro sogno sessuale al cospetto della maestosa natura della Faggeta e sotto lo sguardo annoiato dei soldati lì presenti.

Io, Caligola è una della avventure più estreme della storia del cinema, uno dei set più travagliati, uno dei film più maledetti, e naturalmente diventato oggetto di un culto che a decenni di distanza non accenna a scemare.

Il film suscitò scandalo fin dall’anteprima di prova, avvenuta presso il “Cinema Nuovo” di Meldola (Forlì), il 14 agosto 1979. Un cittadino sporge denuncia, ma il Giudice istruttore del Tribunale di Forlì decide di non procedere. Nel mese di novembre il film entra nei normali circuiti di programmazione con grande successo. A seguito di numerose denunce tuttavia il film viene sequestrato su tutto il territorio nazionale e i realizzatori del film (Brass compreso) vengono chiamati a processo. Il produttore Rossellini viene condannato in primo grado a quattro mesi di reclusione e al pagamento di 400.000 lire di multa. Brass viene assolto perché escluso dalla delicata fase del montaggio. La sentenza del 21 novembre 1980 annulla il giudizio di primo grado, ma il film viene comunque confiscato e le 12 copie positive di Caligola distrutte per ordine del giudice.

Quando nel 1981 un’amnistia estingue il reato di oscenità, Franco Rossellini può di nuovo accedere al negativo del film rimasto in giacenza presso il laboratorio Technicolor. Poiché sulle copie positive permane la confisca disposta dai giudici di Bologna e il processo era ancora in pieno svolgimento, il produttore, nella speranza di potersi rifare dei danni economici causati dal sequestro del film, sigla un accordo tra le case produttrici per ridistribuire il film con un nuovo montaggio, una nuova durata di 133 minuti e il nuovo titolo Io, Caligola.

Rossellini riesce a convincere i giudici di Bologna che la nuova edizione è notevolmente diversa dalla precedente. Il film, ridotto dai censori italiani alla durata di soli 86 minuti, ottiene il visto censura (ancora vietato ai minori di 18 anni) il 29 marzo 1984 e due giorni dopo esce nelle sale. Il 3 aprile 1984 il Procuratore Capo di Forlì, Mario Angeletti, ordinò il sequestro del film su tutto il territorio nazionale per «la palese oscenità nel suo complesso con reiterazioni di immagini di rapporti sessuali anche innaturali, e scene raccapriccianti e di carattere violento».

Io, Caligola meriterebbe una rivalutazione (ammesso che sia lecito farlo, filologicamente parlando) anche solo per la maestosa interpretazione di Malcom McDowell nella parte dell’imperatore, che arrivò -per dirne una- ad inventarsi una scena di sana pianta, decisamente suggestiva, in cui il personaggio ha una sorta di esaurimento nervoso mentre invoca Giove sotto la pioggia battente. 

Insomma, un film censurato, vessato, maltrattato. Però un grande film, che riuscì ad innestare le sue turpi dinamiche di trama e produzione nella magnificenza della natura viterbese.

Questo articolo è stato scritto facendo riferimento a tre importanti testi, qui citati:

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.