Andiamo in terrazza, vi va?

Affacciamoci e godiamo di un panorama unico.

Siamo arrivati qui da Viterbo, imboccando la strada Teverina e percorrendola con lentezza, attraverso i colori dell’estate: il verde scuro di boschi ombrosi, il giallo oro di messi riarse. La strada serpeggia nella campagna, sotto un cielo azzurro come una ceramica cinese.

Abbiamo oltrepassato Bagnoregio e Civita, e siamo arrivati alla nostra meta di oggi: Lubriano. È qui la nostra splendida terrazza: ci affacciamo e respiriamo l’aria tersa e fresca che solletica le colline, striate di profondi solchi chiari come cicatrici sul vecchio manto della terra. Sono i calanchi, nati per effetto delle piogge dilavanti e del vento, che hanno inciso il terreno tenero ed argilloso come un artista col bulino.

Sullo sfondo la piccola altura di Civita di Bagnoregio, arroccata come una divetta scontrosa soffusa di leggera foschia. Il borgo che muore ammicca seduttivo anche da scorci e affacci nascosti tra le viuzze e i vicoli acciottolati. Civita e Lubriano sono intimamente connessi, ma ognuno conserva una sua specifica identità. Qui siamo lontani dai numeri del turismo di massa che affolla Civita. Gli spazi ridotti e raccolti del borgo richiamano un turismo più di nicchia, attirato dalle architetture medievali, dal magnifico paesaggio, e dalla possibilità di gustare prodotti tipici di eccellenza.

Passeggiamo lungo la via principale, ben tenuta e ordinata. Al centro di uno spiazzo alberato c’è una curiosa fontana, dal nome ancora più curioso: la Pucciotta. In dialetto locale, il “pucciotto” è un pupazzo o un bambolotto, e difatti la fontana raffigura un bambino che abbraccia un cigno. Poco più oltre una maestosa villa circondata da un parco di alberi secolari, purtroppo chiusa, e la chiesa di San Giovanni Battista con il suo campanile. La facciata è barocca, l’interno conserva l’aspetto più antico e raccolto del romanico, con volte ricurve e soffitto a cassettoni. Sotto l’altare riposano le spoglie di Procolo, l’umile pastorello diventato santo e patrono di Lubriano. Nelle cappelle laterali vi sono pregevoli dipinti seicenteschi.

Sul borgo svetta la Torre Monaldeschi: dall’alto di questa torre si gode un panorama mozzafiato. Anticamente era alta 36 metri, ma un terremoto devastante nel Seicento ha costretto i successivi restauri al ridimensionamento. In una piazzetta interna vi è la sede dell’importante Museo Naturalistico locale, un centro studi abbinato al percorso escursionistico delle Acque, dei Fiori, dei Frutti e delle Erbe mangerecce, lungo tre chilometri, che permette di immergersi letteralmente nel sontuoso ambiente naturale della valle.

Si parla tanto di turismo di prossimità, di slow tourism, di ricerca di angoli nascosti conosciuti da pochi. La Tuscia viterbese, con i suoi borghi, è la migliore risposta a queste nuove esigenze, tanto da essere stata segnalata di recente dall’importante rivista Vanity Fair come una delle migliori mete della penisola.

Prendiamoci allora una meritata pausa dalla nostra usuale frenesia e immergiamoci nel relax di suggestivi scorci, come quelli offerti da Lubriano.

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.