Due ciliegie rosse tenute assieme da un elastico tubolare nero, lì sul comò della camera di mamma. Il martedì precedente al mercato avevo passato in rassegna tutti i fermagli e tutti i “frontini”, sulla bancarella di Ciccio, prima di decidere quale prendere.
Oggi è festa, sono i Santi Martiri.
Lo specchio ingiallito rimanda l’immagine di una bambina minuta. La gonnellina a pieghe blu, la camicetta rosa con i ricami sulle spalle, i calzettoni di filo grosso, quelli che fanno quel fastidioso solco profondo, ruvido al tatto. Bisogna fare attenzione, lei lo sa bene, la tintura col “nero del diavolo” sporca i calzini. Le scarpe bianche della Prima Comunione magicamente una mattina erano diventate nere.
Un’ultima occhiata, un ciao gioioso, e giù di corsa verso il paese.
La salita ripida della Rocca.
“Devi passare a testa bassa davanti ai giardinetti”, la voce di mamma risuona nella testa come un mantra: “Mi raccomando non fermarti alla Quadrata”.
Ma poi la Quadrata cos’era?
Orte è deserta.
-La gente starà tutta in piazza, sono quasi le 11, tra poco il campanone del Duomo rintocca-
La piazza deserta.
Un rapido sguardo verso le catene, giù lungo la via non si vede nessuno. Alle finestre qualche “parato” rosso si muove agitato dal vento.
La corsa su per le scale della chiesa. Oggi è festa. C’è la Cresima.
Un silenzio freddo, la porta di sinistra scricchiola, un risucchio sordo. Il silenzio.

Le lacrime iniziano a far capolino negli occhi celesti.
“Ma in che anno siamo?”
Lo sguardo si posa sulla tabaccheria a sinistra della piazza. “Ricordavo più avanti il negozio di Spartaco, boh forse mi sbaglio”
2020.
“Pandemia” leggo sul titolo di un giornale.
Dove sono i S.S. Martiri? Dov’è la gente?
L’unica cosa che sento è l’odore del “carciofo” lasciato a freddare su qualche finestra.

Oggi, terza domenica di maggio, a Orte si festeggiano i Santissimi Martiri, comprotettori assieme a Sant’Egidio della città.
Marco, Quirino, Dionisio, Aureliano, Timòteo, Apollonio, Faustina e Dorotea arrivarono a Orte in due diverse occasioni, dopo la scoperta delle catacombe cristiane a Roma. Tra il 1638 e il 1651 Giovanni Giannuzzi, seguace di Filippo Neri, fece dono dei resti dei martiri, dopo che il suo tentativo di imporre il culto di San Filippo era scemato vista la riluttanza dei canonici della Cattedrale. La festa di Santo Egidio era gestita dalla confraternita di Santa Croce, ed è per questo che si pensò di introdurre un culto di più santi per cercare di bilanciare le due feste. Nei primi anni l’affluenza fu grandissima, grandi feste e grandi addobbi di fiori venivano posti nel paese. I resti dei Martiri furono dapprima conservati fuori le mura, poi con una solenne processione vennero portati in Cattedrale, dove attualmente riposano sotto l’altare Maggiore.

Le foto si riferiscono all’esposizione dell’urna nella chiesa di Santa Croce

Anonimo

Scritto da:

Nadia Proietti

Salve, il mio professore di storia ripeteva sempre che lo storico studia i documenti, senza interpretare
e senza romanzare, ecco come mi comporto io: prendo i fatti storici, spesso dai documenti, aggiungo
dei personaggi, una storia verosimile e voilà ecco come nasce ogni mio racconto.
Chi sono? Mi chiamo Nadia sono laureata con lode in Filologia Moderna, ho all'attivo un Master in materie letterarie, un Corso di Alta Formazione in Storytelling, docente di lettere precario. Oltre ai titoli sono madre di due figli, appassionata di storia moderna in particolare in storia dell'Europa
dell'Est, pessima casalinga, ma buona padrona di casa.